-
La Sociologia è anacronistica nel momento in cui impatta i fautori della semplificazione del reale. La Sociologia non si mette a fianco di coloro che proponendo un’idea, un’invenzione, un progetto, una diagnosi, un sapere, quale esso sia, lo pensano in quanto esclusivo. In quella opera vasta che è la costruzione di realtà, costui o costoro credono ancora o di nuovo che il progettare, dare obiettivi o direzioni, sia preponderante, rispetto al far emergere i modi e le azioni alternative, che mettano in atto l’esprimersi dell’individuo o del gruppo sociale, sia esso minuscolo, sia esso vasto ed esteso.
-
La Clinica Sociologica, invita il sociologo a riconsiderare l’oggetto del suo operare. Fare Clinica Sociologica non è fare una teoria sociologica, non è ricondurre il reale al pensiero dell’Autore (cosa dice questo, cosa dice quest’altro) ma è un modo per mettersi a servizio del sociale. Nella Clinica Sociologica l’impegno è quello di rendere manifesto ciò che è implicito, in quanto:
1) non riconosciuto pienamente dal e nel senso comune (che è il modo complesso del pensarci in quanto Noi)
2) negato nel/dal soggetto e nel/dal gruppo dalle ideologie;
3) ignorato dagli interessi economici e accumulativi dei ceti dominanti di cui la politica attuale è portavoce.
-
Il sociale non ha bisogno di essere attivato, né tanto meno riparato (come nel sogno paranoico della politica): il sociale ha necessità di essere ascoltato.
-
Il sociale si manifesta nell’emergenza, nella crisi del sistema di riferimento cognitivo (ciò che si era usato finora per com-prenderlo) dal quale innegabilmente il sociale cerca di distanziarsi. Un suo bordo è sempre innovativo, mentre l’altro è conservativo.
-
Nell’operare in Clinica Sociologica, il sociologo può render conto del costruirsi del sociale, può aiutare il sociale e manifestarsi, senza per questo preoccuparsi di poterlo controllare.
-
Il limite di una disciplina, di ciascuna disciplina, ed evidentemente della sua applicazione professionale e pratica, è la sua consistenza in quanto tale, nel momento in cui ritaglia nella realtà quell’ambito di riferimento, che resta una parte del tutto. È qui che la Clinica Sociologica si differenzia in modo fondamentale dalle altre discipline nel momento in cui si relativizza nel loro sapere e relativizza gli altri saperi fra di loro. E fra gli altri saperi innegabilmente annovera anche i saperi non disciplinari, quelli di senso comune, che però consentono innegabilmente a ciascuno di noi di vivere: di agire in un quotidiano ben più complesso di quanto non riusciamo sovente ad accettare.
-
La Clinica Sociologica può e deve indirizzarsi alla costruzione di relazioni non reificate. Oggetto dell’intervento sociologico diventerà così la definizione di realtà proposta dall’individuo o gruppo cliente al professionista. Già a questo primo livello, la visione della realtà scompare, i tratti immaginari diventano discorsivi, c’è trasformazione.
-
Lo slittamento fra Clinica Sociologica e Politica sta proprio nella gestione del gruppo e della sua domanda. Se si indulge troppo nello sviluppo del gruppo, se si ha o si crede di avere in toto o in parte una direzione ideologica o ideale verso cui guidare un gruppo, il sociologo diventa un attuatore di politica.
-
La Clinica Sociologica è il punto in cui la sociologia, questo nostro parlare del sociale, tocca la possibilità che il sociale ha di rendersi consapevole a se stesso.
-
Per concludere: l’obiettivo della Clinica Sociologica non può essere quello della trasformazione o peggio della correzione della realtà, ma della sua evidenziazione, nella sua destrutturazione, nel riconoscere un’effervescenza sua propria che il potere, qualsiasi potere, opprime ed indirizza.
A cura di Legami Sociali